di ANTONELLA LIBERATI
laureata in lingue straniere, Direttore del SIDD (Società Italiana di Demodoxalogia) è impegnata nella divulgazione della cultura tecnico-scientifica
La demodoxalogia definisce “ambiente” un insieme di componenti teoricamente assimilabili ciascuno a un angolo di un triangolo equilatero. I tre angoli identificano i componenti dell’ambiente e l’interattivo rapporto di esistenza fra i tre. I tre sono: territorio – popolazione – risorse tangibili e intangibili, ipoteticamente fra loro di pari equipollenza e in equilibrio qualitativo fra loro.
È evidente che ogni squilibrio di un angolo, sia per aumento sia per riduzione di ampiezza o qualità di contenuto, costringerà gli altri due a modificarsi dovendo la somma degli angoli interni di un triangolo essere sempre uguale a 180°. Altresì, modificandosi incessantemente il rapporto fra i costituenti quell’ambiente e, quindi, la qualità degli stessi ne deriverà un continuo cambio di qualità dell’ambiente tutto.
Da ciò ne derivano conseguenze difficilmente prevedibili o percepibili, sia che abbiano cause “naturali” sia che abbiano cause antropiche, poiché, salvo il caso di eventi particolarmente distruttivi, si tende a percepire il cambiamento dell’ambiente e della qualità dei suoi componenti molto tempo dopo il suo verificarsi, generalmente quando è troppo tardi per porvi efficace rimedio.
L’odierno tessuto urbano pometino costituisce un ambiente particolarmente significativo per visualizzare di persona come tali incessanti interazioni – soprattutto di origine antropica- possano aver generato una combinatoria di effetti devastanti in un luogo oggi fortemente urbanizzato senza tenere ben presenti, o non considerando affatto nel loro valore oggettivo, le qualità dell’ambiente originario, né in fase di progettazione né in fase di realizzazione, sempre più ampliando il primo criterio di urbanizzazione (piano regolatore o altro), spesso senza valutazioni multifocali di insieme o poi di dettaglio. Di volta in volta è stata data preponderanza all’aumento di uno o più dei nuovi componenti distopici, senza valutarne oculatamente a priori, ma anche in corso d’opera, la qualità degli effetti interagenti a breve, medio, lungo e lunghissimo raggio e tempo su quello che era l’ambiente primario.
La Riserva della Sughereta di Pomezia è in parte sopravvissuta a tutto questo e attualmente mostra tracce di come il paesaggio era stato e quanto di quello che ancora ne rimane. La Sughereta ospita e costituisce un Biotopo che testimonia quanto rimane della ricchezza arborea del territorio plurimillenario della zona di Pomezia fino al mare, delimitato oggi nella “Riserva Naturale Regionale della Sughereta di Pomezia” istituita con Legge Regionale il 10 agosto 2016, n.12, art. 30. Di questa zona ne era stata progettata la salvaguardia come “Parco”, ma come si rileva nella storia dell’esperienza di tentativo di protezione (si veda altro materiale sulla storia dell’attuale Riserva nell’articolo on line), tale tentativo fu superato per decenni da “valori” di percezione ambientale antropicamente distopici.
La Riserva naturale della sughereta di Pomezia, così come oggi esiste, costituisce e protegge ancora un Biotopo, un luogo poco esteso, dove la prevalenza tra le nume numerose specie arboree è costituita da essenze di sughera (quercus suber), un particolare tipo di quercia, che popolava e ancora sporadicamente popola prevalentemente il territorio / ambiente dalla costa laziale al suo entroterra e ai Colli Albani.
Sono presenti anche essenze di leccio (quercus ilex), roverella, alloro, viburno e altre. Il leccio, altra essenza di quercia, ma dalle caratteristiche fisiche e gestionali molto diverse da quelle della sughera, è presente in una quantità tale da non compromettere la qualità del Biotopo Sughereta. È la prevalenza di sughere che consente l’esistenza di quel Biotopo, molto articolato in numerosi micro habitat che permettono la vita e la sopravvivenza a specie vegetali e animali, anche rare. È divisa in zone in modo da permetterne la fruizione antropica ma anche la libera evoluzione del Biotopo Sughereta. Possono essere apprezzati un bosco aperto, con spazi erbosi, cespugli, arbusti, fiori e frutti che consentono anche la presenza di molte specie animali selvatiche, fino anche la pastorizia ma anche zone boscose più fitte da visitare con cautela. I percorsi richiedono tempi diversi, da un’ora a una intera giornata, o più giornate.
La sughera è una specie che, se non decorticata, può raggiungere i 300 anni di età, mentre quella dalla quale si ricava il sughero, potrà raggiungere i 150 anni di età. Il sughero ha un peso specifico inferiore a 1 quindi galleggia sull’acqua. È imputrescibile, resiliente, isolante secondo le varie accezioni di questo termine, dal campo elettrico, a quello termico, al sonoro. Resiste al fuoco, non è tossico, è inattaccabile da parassiti e roditori ed è utilizzabile e riciclabile in differenti e molteplici utilizzazioni tecnologiche negli ambiti più diversi.
È molto adatto per la fabbricazione di tappi ermetici per bottiglie di vino. Anche i suoi cascami di lavorazione possono essere utilmente e quasi totalmente impiegati in vari ambiti.
La pianta adulta offre una ricchezza ulteriore, intangibile ma percepibile da tutti i sensi dell’essere umano e costituisce un invito a pensare, a riflettere con attenzione sulla bellezza del poter respirare riposando lo spirito.
Camminando attraverso la sughereta di Pomezia si è raggiunti e immersi nell’insieme del delicato suono generato dall’ondeggiare leggiadro delle chiome delle sughere alla bisbigliante, leggera brezza marina; la vista è catturata dalla maestà arborea di alcuni alberi, che narra di antiche epoche, anche “storicamente” non sensibili, precedenti agli eventi umani, oppure suggerisce alla mente quanto si narra di Camilla, principessa figlia del Re dei Volsci, bimba ancora in fasce che suo padre Metabo in fuga avvolge e lega in una scorza di sughero fissata a una lunghissima asta, lanciandola sulla sponda opposta del fiume Amaseno in piena, per metterla in salvo. La bimba allattata da cavalle selvatiche diverrà temibile amazzone al servizio di Turno, Re dei Rutuli, durante la guerra fra questi e Enea, invasore destinato dal Fato a far perdere il Reame di Ardea e la vita a Turno, togliendola anche a Camilla, temibile bellissima combattente: “amazzone più veloce del vento”. Tornando al presente ci si rende conto con dolorosa amarezza che tanta meraviglia arborea ha subito tentativi di incendi appiccati al tempo in cui artefatte foreste cementizie di speculazione edilizia –antropicamente credute più interessanti e redditizie di una sughereta- andavano distruggendo un’enorme quantità di suolo e quanto su questo viveva e lo popolava di essenze vegetali e specie animali di ogni genere. Le essenze, molto vetuste, sopravvissute integre offrono residui della loro possente magnificenza plasmata in forme armoniche, suggerendo una sughereta integra che ondeggiava appena le sue aggraziate chiome carezzate dalla lieve brezza marina.
La sughera è una antichissima essenza autoctona delle coste italiche e dell’immediato entroterra, poiché necessita di una qualità di terreno vulcanico, umidità e aria marina sufficienti a far respirare le sue radici. È parente e coeva del leccio, altra quercia dalla numinosa struttura e dal cupo color verde delle foglie. La sughera, sebbene possente, allarga le sue ampie chiome di un verde più morbido di quello del leccio e aggraziatamente forma una chioma flessuosa e rilassante al vederla. La sua corteccia la veste di abiti dall’aspetto di un tessuto lievemente bombato e goffrato; se staccata dal fusto si rivela stupefacente materiale dagli impieghi più vari.
Il colubro di Esculapio (rappresentato avvolto al caduceo di Mercurio), popolarmente noto come “saettone”, lungo serpente non velenoso ma forte nello stringere le prede, abita il Biotopo della sughereta di Pomezia, anche perché vi trova cibo a sufficienza, anche se poi a sua volta può essere mangiato da altri abitanti del Biotopo. Il “saettone” a caccia di cibo, si arrampica agevolmente in verticale sui tronchi degli alberi. Da adulto, raggiunge la lunghezza di circa due metri. Il biotopo della Sughereta di Pomezia permette a uccelli, talpe, conigli, lucertole, gechi, anfibi, pipistrelli, chiocciole e lumache, farfalle, insetti, ma anche animali più imponenti, quali cinghiali e si spera presto anche lupi, di convivere. Gli ampi spazi erbosi possono consentire il pascolo di ovini. I cespugli offrono bacche e frutti a altri animali che se ne cibano. Le sughere producono, oltre al sughero, anche ghiande; il loro sottobosco vede funghi ma anche erbe, muschi, licheni, orchidee, fiori e frutti selvatici. Infine, la Riserva della Sughereta di Pomezia, prezioso Biotopo residuale, ospita a tratti un’altra specie, quella umana, che tanto in modo inconsapevole che consapevolmente può arrecare danni più o meno gravi o decisamente gravissimi agli equilibri ambientali del Biotopo che vi è ospitato. Infatti al fine di conservare la Sughereta e preservarne l’integrità degli equilibri ambientali, essa viene utilizzata anche come luogo di apprendimento e sensibilizzazione degli umani al rispetto di creature, essenze, ambienti, al gusto per la conservazione della bellezza e ricchezza del luogo, altresì scuola a cielo aperto di conoscenza, gestione responsabile, condivisione consapevole e rispettosa delle necessità del Biotopo della Sughereta.
Gli attuali custodi e responsabili della gestione antropica della Sughereta, e del Biotopo che la caratterizza, consentono che vengano organizzate visite di allievi delle scuole di ogni ordine e grado sotto la guida di persone esperte, registe anche di un piccolo teatro mobile dove vengono rappresentati i rischi che corre la Sughereta quando persone superficiali o poco informate pongono in atto comportamenti pericolosi e distruttivi per il suo Biotopo. Comportamenti dall’impatto immediato ma anche a breve, medio, lungo e lunghissimo raggio e tempo. Si organizzano eventi ben controllati per la conoscenza dell’esistenza del luogo e delle sue caratteristiche, sensibilizzando i fruitori della disponibilità di accesso al Biotopo, alle delicatissime qualità dello stesso e si allestiscono mostre che rendono testimoni protagonisti gli umani di ogni età.
Curare un approccio consapevole alla Riserva Naturale della Sughereta di Pomezia significa riuscire a modificare l’opinione pubblica in senso positivo nei confronti dei tesori ambientali quale il Biotopo della Sughereta ma anche verso altri ambienti ancora preservabili, orientandola verso la percezione di valori diversi dal continuo inutile consumo di suolo, nonché la non convenienza della distruzione degli ambienti e di quante specie lo abitano e preservano.
Concludo con un estratto riportato da uno dei cartelli indicatori presenti nella Sughereta: «…Percorri i sentieri, assapora la libertà della Natura: unisci il tuo respiro a quello del vento tra le foglie. Non lasciare tracce del tuo passaggio ma scopri quelle dei conigli selvatici e dei cinghiali; osserva i colori delle orchidee, i fiori del biancospino e del viburno; immagina le forze che sostengono le architetture delle sughere e gli equilibri della vita nascosti tra gli allori e le roverelle. La Sughereta è il tuo patrimonio: è la tua provvista di Salute. Godi e prenditi cura della tua “Riserva di Benessere”».